L’Offerta (Il miracolo delle rose) – Wilhelm List (1880-1971)
1. Il copione scelto da sè
“Una cosa soltanto non riesco a capire” disse la Pizia. “Che il mio oracolo si sia avverato, anche se non come Edipo se l’immagina, è frutto di una incredibile coincidenza; ma se Edipo ha creduto all’oracolo fin da principio e se la prima persona che ha ucciso è stato l’auriga Polifonte e la prima donna che ha amato è stata la Sfinge, se questo è vero, come mai non gli è venuto il sospetto che suo padre fosse l’auriga e sua madre la Sfinge?”.
Perché Edipo preferiva essere il figlio di un re piuttosto che il figlio di un auriga. Il suo destino se lo è scelto da sé” fu la risposta di Tiresia. (Friedrich Dürrenmatt 1988: 63)
Mi incammino nella costruzione di sé come Persona, uomo e donna, riflettendo sulla responsabilità che ogni essere umano assume nelle proprie scelte di vita, sull’autorità della consulenza e sulla potenza della relazione di éros. Considero la libertà come il lavoro di consapevolezza.
Esercitare il discernimento e la capacità critica nella relazione di consulenza serve, ma non basta. La parola profetica si manifesta quando si incontrano la nudità, l’autenticità delle persone coinvolte e la realtà della situazione aziendale. Il/la consulente è strumento di analisi e di comprensione e mai indovina disegni divini e destini di popoli. Il rischio è che sentenzi e che pontifichi sulle teste degli altri, assoggettati, alienati dentro un pericoloso triangolo drammatico in cui riconosco la teatralità dei ruoli di Vittima, Persecutore, Salvatore e dei giochi psicologici, ma in cui non rilevo la profondità dell’intesa. La relazione profetica non ha funzione salvifica, non svela una sorte predetta, diviene la scelta consapevole e “ri-conosciuta” di una dimensione ontologica dell’essere umano.
La chiaroveggenza è legata a illusorie capacità del/la consulente che non può, in nessun caso, predire il futuro. L’arte della divinazione presuppone che le conoscenze dichiarate provengano da una fonte soprannaturale, da una divinità. La professione di consulente aziendale può esprimersi come profezia unicamente prendendosi cura della spiccata perspicacia intellettiva ed emotiva degli esseri umani, nelle relazioni sane. La profezia non si basa su una generica previsione del futuro, ma richiede l’analisi profonda della situazione e ragionamenti sulle diverse prospettive, in un contesto di intrecci comunitario.
In azienda, il/la consulente non parla in nome di un dio, ma crede nella relazione paritaria e può realizzare una possibile deità riconfermando, così, la natura divina dell’umanità.
La profezia richiede il senso del limite, essa è eccedenza di pensiero e, di conseguenza, esige il perimetro segnato. “La Pizia lasciò aperto il portale principale, salì sul tripode e aspettò la morte…Sentendo la morte vicina, crebbe la sua curiosità.” (F.Dürrenmatt,p.25). Quando l’essere umano si riappacifica con il limite, diviene curioso, chiede di conoscere. È dal senso della propria caducità che prendono forma il sapere e il sapere profetico.
La nostalgia e l’assenza come Stimmung, come stati d’animo, la conoscenza come moto del cuore e della ragione rappresentano le radici della Consulenza espressa con la parola profetica. L’essere umano ha un corpo ma, anche, ogni persona è corpo; quindi, non solo si esprime e vive corporalmente ma, anche, permanentemente, sente, pensa e agisce con il corpo che diviene, se ascoltato, profetico. Cogliere, registrare, decodificare i linguaggi dei corpi negli spazi aziendali serve non solo ad evidenziare i sintomi e le disfunzioni nelle interazioni fra individui, al fine di proporre una diagnosi ma, anche, ad offrire diverse e più complesse letture della cultura organizzativa dolente.
Le persone possono diventare strumento di profezia, impegnandosi a creare consapevolmente relazioni libere dagli inganni e dalle dinamiche di potere. Solo nella esperienza della noità, i lavoratori e lavoratrici, in ogni ruolo, divengono capaci di intimità e risolvono le Ingiunzioni categoriche come “Non appartenere”, “Non ti fidare”, “Non sentire”. La voce profetica mantiene un timbro, un colore affettuoso e collaborativo, mantiene il tono di voce, l’intenzione di chi fa il tifo per sé, per le altre, per gli altri, per l’impresa comune.
Nella consulenza che può divenire profetica, il cammino è precario, opera nella zona indistinta fra dentro e fuori, fra luce e ombra, fra certezza e immaginazione, fra intuizione e realtà, fra permesso e protezione. Praecarius prevede una prex, una preghiera, di desiderio e di gratitudine, diversa dalla quaestio, con la quale si chiede per ottenere ciò che si vuole. Il cammino consulenziale, dunque, predispone a due generi di conoscenza, una didattica che deriva dal sapere, l’altra iniziatica che richiama la coscienza e l’utilizzo adeguato dell’intelligenza sociale, mettendo a servizio della comunità quello che si conosce. Il mistero, la noità, nella relazione profetica, non sono legati alla segretezza gelosa dell’esperto, ma all’azione gioiosa nell’esperienza, anche ammutolita.
Nel cambiamento aziendale, la professionalità non conta solo di insegnare, di interrogare, spiegare, punire ma, soprattutto, riconosce una disposizione alla ricezione, al patire dell’apprendimento, alla riflessione come tecnica di lavoro che conduce all’instradamento.
2. La vista profetica
“Pannychis” disse il veggente in tono paterno “solo la non conoscenza del futuro ci rende sopportabile il presente. Mi sono sempre stupito e continuo a stupirmi immensamente che gli uomini siano tanto smaniosi di conoscere il futuro. Sembra quasi che preferiscano l’infelicità alla felicità. D’accordo, noi due abbiamo approfittato e addirittura vissuto di questa propensione degli umani, io, lo riconosco, assai più agiatamente di te, anche se non è stato facilissimo recitare la parte del cieco per la vita di sette generazioni che gli dèi hanno voluto donarmi. Ma sono gli uomini a volere che i veggenti siano ciechi, e i clienti, si sa, non vanno mai delusi. (Friedrich Dürrenmatt 1988: 41)
Per illustrare il lavoro consulenziale le figure femminili della mitologia, Cassandra ed Ecate, richiamano le professionalità di uomini e di donne che prevedano, nelle attività organizzative, l’accoglienza convinta, l’ascolto competente, l’accompagnamento studiato, la centralità della Persona, la risoluzione dei narcisismi, la sostituzione del potere con la potenza del patire, la comprensione, il coinvolgimento e la compromissione. Il percorso da Cassandra a Ecate racconta il passaggio dal furor sanandi, cioè, dalla presunzione e dalla fretta dell’esperto che sa e che offre spiegazioni e risoluzioni al cliente ignorante, verso la/il professionista che accompagna, che evolve assieme al cliente, in una viandanza gioiosa di ricerca profonda.
Cassandra, figlia di Priamo e di Ecuba, riceve da Apollo il dono della profezia che perde dopo aver respinto l’amore del dio: nessuno più le crede. Non persuade i concittadini quando prevede che Paride provocherà la rovina di Troia, né quando svela che il ratto di Elena si risolverà in un disastro, né quando con Laocoonte cerca di impedire il trasporto in città del cavallo di legno, lasciato dai Greci sulla spiaggia. Ella profetizza inutilmente il destino di Enea e, come preda di guerra, toccata in sorte ad Agamennone, predice la di lui imminente uccisione. L’infelice schiava Cassandra finisce, infine, trafitta da Clitennestra.
Per Cassandra le situazioni sono motivo di una continua scoperta e rivelazione, assumendosi la responsabilità degli accadimenti che prevede. La donna è maga e l’uomo diviene Cassandra, possedendo una sorta di stupore umile nel rendersi conto di essere solo una piccola parte dell’umanità, uno strumento di svelamento. Cassandra vede la vita come un processo e propone, come antidoto ai malesseri, l’autocoscienza assieme alla capacità di espressione e affermazione di sé.
La consulenza difende non il potere su qualcuno, ma la potenza, l’energia di produrre il pensiero e il cambiamento. La consulenza che deriva da Cassandra appare folle perché si allontana dalla tecnica del problem solving, perché rompe ogni logica convenzionale, lineare, di azione e reazione scontata e di gravità. La/il consulente svela che nella vita aziendale bisogna esserci. Semplicemente, esserci, perché si assuma un nuovo modo di vedere, diverso dalle mentalità obsolete e bigotte. Spesso, Cassandra non viene creduta.
Essere profetica significa non solo vedere e pre-vedere, ma accompagnare l’altro/a perché si renda conto e perda la cecità interiore. È importante che io capisca ma, ancor più, che l’altra persona arrivi alla comprensione, con i suoi tempi e con meno dolore possibile. Spesso, come consulente, il dolore della crescita, non posso risparmiarlo.
3. La parola profetica
Richard Wilhelm si era trovato in un remoto villaggio cinese colpito da una tremenda siccità. Gli abitanti avevano fatto di tutto per mettervi fine, ricorrendo a preghiere e a incantesimi di ogni sorta, ma sempre invano, sicché gli anziani del villaggio avevano detto a Wilhelm che l’unica soluzione possibile era di far venire un mago della pioggia da lontano. La cosa interessò enormemente Wilhelm, il quale era riuscito ad essere presente all’arrivo del mago della pioggia. Questi, un vecchietto grinzoso, era giunto a bordo di un carro coperto. Scesone, aveva fiutato l’aria con espressione disgustata e quindi chiesto che gli fosse assegnata una capanna alla periferia del villaggio, ponendo come condizione che nessuno lo disturbasse e che il cibo gli fosse lasciato fuori dell’uscio. Per tre giorni non se n’era saputo più nulla. Poi, il villaggio era stato svegliato da un vero e proprio diluvio; era persino nevicato, cosa del tutto insolita in quella stagione.(…)
Wilhelm, rimastone grandemente impressionato, era andato dal mago della pioggia uscito dalla sua volontaria reclusione, al quale aveva chiesto meravigliato: «Sicché, tu puoi far davvero piovere?». Il vecchio s’era messo a ridere rispondendo che «naturalmente» non poteva far piovere affatto. «Ma finché tu non sei venuto» gli aveva fatto osservare Wilhelm «c’era una terribile siccità. Poi passano tre giorni, ed ecco che si mette a piovere». E il vecchio: «Ma no, le cose sono andate in tutt’altro modo. Vedi, io provengo da una regione dove tutto procede per il meglio, piove quando è necessario e fa bel tempo quando occorre, e anche la gente è a posto e in pace con se stessa. Non così invece con la gente di qui, la quale è fuori dal Tao e fuori di sé. Quando ho messo piede nel villaggio sono stato subito contagiato, per cui ho dovuto starmene da solo finché non sono tornato nel Tao, e allora com’è ovvio s’è messo a piovere.» (Barbara Hannah)
Nelle aziende non ci sono maghi che agitano il bastone della pioggia e dell’abbondanza nel deserto. La mente in ricerca, il cuore ben disposto, il corpo liberato, la comunità in armonia possono magicamente favorire che la realtà accada, riconoscerla e accoglierla nei suoi fenomeni.
La magia è basata su ciò che Carl Gustav Jung chiama sincronicità, fra macro e microcosmo. Sincronicità si riferisce alle coincidenze significative, ovvero ai collegamenti privi di causa. La consulenza legata a Cassandra consente di conoscere la sincronicità.
In un cammino in progressione, le Martiri imparano a far posto al dolore, le Guerriere alla paura, le Viandanti apprendono la solitudine e le Maghe, come Cassandra, arrivano a far posto alla comprensione e al completamento di sé.
Continuando, il percorso di consulenza riconosce Ecate, levatrice ed esploratrice della psiche, multiforme dea psicopompa. Quest’ultima parola deriva dal greco ψυχοπομπóς, da psyche, anima e da pompós, colui/colei che accompagna.
Ecate “che ha candida mente” (Esiodo), custodisce e presiede i crocevia, in particolare, i trivi, incroci di tre vie. Il crocicchio è il luogo in cui si raccolgono le energie, è occasione di scelta ed è espressione di libertà, di intenti e di destini diversi. Ecate, dea psicopompa, con la sua torcia, accompagna verso la luce dell’interiorità. Essa ascolta e protegge chi è sulla via, aiutando a scegliere il percorso adeguato, meno rischioso.
In alcune rappresentazioni, Ecate appare con tre teste che guardano, ognuna, in una diversa direzione: forse la destinazione umana di vita, morte e rinascita o, forse, l’espressione della Terra, del Mare, del Cielo. Essa contiene in sé l’infanzia, la maturità e la vecchiaia e, attraverso le tenebre e le viscere scomode dell’analisi, è guida verso la conoscenza e la consapevolezza. Sono suggestivi gli appellativi che ad Ecate vengono attribuiti negli scritti esoterici greci, di derivazione egiziana, con riferimento a Ermete Trismegisto.
E ciò mi induce a pensare alle espressioni che la consulenza può assumere nelle attività di analisi, di diagnosi e di cambiamento della cultura organizzativa.
Chtonia, appartenente al mondo sotterraneo
Antaia, colei che incontra
Apotropaia, protettrice
Enodia, dea che appare sulla via
Kourotrophos, nutrice di fanciulli
Propylaia, colei che sta davanti alla porta
Propolos, colei che serve
Phosphoros, portatrice di luce
Soteira, sapiente
Triodia/Trioditis, che frequenta i crocicchi
Klêidouchos, che porta le chiavi
Trimorphe, triplice
Il dono della profezia che da sempre accompagna le sciamane è legato alla capacità terapeutica. La persona che vede, pre-vede e cura. Prima ancora dell’alterità, vede la ipseità. Con questo affermo che non posso vedere l’altra persona se non vedo me stessa. Se manca la coscienza del mio copione, rischio di incontrare l’altro essere umano in una relazione simbiotica, di potere.
4. L’azione profetica nella cura
Ho riflettuto sugli esseri umani e li ho interrogati prima di sottoporre ad essi il mio enigma e farli sbranare dalle mie leonesse” rispose la Sfinge. “Mi interessava sapere come mai gli uomini si lascino opprimere: per amore del quieto vivere, ho concluso, che spesso li induce addirittura a inventarsi le teorie più assurde per sentirsi in perfetta sintonia con i loro oppressori, come del resto gli oppressori escogitano teorie non meno assurde pur di riuscire a illudersi di non opprimere gli individui su cui esercitano il loro dominio. (Friedrich Dürrenmatt 1988: 53-54)
L’accompagnamento richiede la cura di sé e del cliente. Arrivo ad utilizzare la parola “cura” oltre i pregiudizi, gli inganni e le menzogne ideologiche. Finora, la cura ha abitato le donne e il femminile ed ha significato subalternità, dedizione, costrizione, servizio, abnegazione amorosa, “se no, non mi ami!”. Capisco e condivido il pensiero di Luisa Muraro, filosofa della differenza, che manifesta con determinazione la paura preventiva, ricordata da Letizia Paolozzi (2013: 21) nel suo libro.
Noi donne sappiamo bene cos’è la cura. Senza conflittualità radicale verso l’ordine esistente, la cura diventa un fare di una minoranza di uomini buoni che vogliono salvarsi l’anima, e noi li ammiriamo, e di una stragrande maggioranza di donne che, in gran parte non liberamente, lo fanno. Io comunque no! Allora ripeto “la cura no”, lo dico nel senso che se è fuori da ogni prospettiva, da ogni intreccio con conflitto ed eros, io dico “la cura no”; in una cosa statica come quella che io sento ogni tanto venir fuori qui, dissertazioni su qui e là, in questa cosa statica io dico “la cura no”. Poi diciamo: noi la cura la intendiamo così, la intendiamo colà, l’eros lo intendiamo così. Io voglio vedere praticamente questi discorsi dove vanno.
La cura non è quotabile ed è parte della dimensione umana. Il lavoro è che ciascuna persona, per sé, riscopra questa dimensione. Aggiungo, rispetto alla filosofa, che la cura non è solo oblatività femminile, ma può diventare senso della relazione che non si dà senza l’attenzione e l’impegno. E ripenso a Penelope, dalle mille tele: ha risolto la pars destruens di sé che la portava a sfilare la sua opera, mentre ora tesse, giorno dopo giorno, coperte dai mille colori, dicendo sì e no o forse, vediamo.
Nella Comunità di Ricerca si può immaginare un ordine simbolico diverso da quello del dominio, della competizione, dello sfruttamento, attraverso la riformulazione dell’idea di cura. Constato che esistono: il personale a pagamento, i servizi organizzati, il welfare statale. A questo c’è “un resto”, un valore aggiunto, un di più, dato dalla predisposizione sana di ogni persona ad accorgersi dell’altro/a e a farsene carico. La cura, oltre il profitto, oltre il rischio di manipolazione e di sfruttamento, richiama un linguaggio arcaico, non oggettivo né scientifico: – ci sono, – eccomi, – io credo, – va tutto bene.
Penso alla cura come a una diversa forma del vivere, come a un vivere consapevole e gentile, oltre il welfare statale, oltre le offerte del mercato, oltre la ricchezza e lo sfruttamento. L’idea nuova di cura richiede prospettive di istruzione, di conoscenze, di bellezza, di godimento.
Questa Arte della Cura non è sempre monetizzabile e appartiene al cammino del divenire persona. Essere in contatto con la fragilità, con la debolezza, con la finitezza umana è la vera forza del prendersi cura. Non più azione servile di donna, ma comportamento responsabile, libero e gioioso. Non un maternage ripulito, ma l’uscita dal triangolo drammatico, la risoluzione del rapporto parassitario.
Riconosco che ci sono modi di pensare e comportamenti che aprono la strada a interazioni ricattatorie. La divinazione di un /a profeta crea sempre agitazione e, più l’armatura è coriacea, più aumenta la cattiva predisposizione a capire, perché si affaccia un sospetto di offesa, di risentimento per la consulente che porta male ed è presuntuosa, appunto, perché pre-sume.
Il sapere delle donne e degli uomini assieme in cammino, assume carattere di conoscenza intuitiva.
5. La consulenza profetica nelle organizzazioni
La cura è naturale vocazione dell’essere umano ed è servizio nel cammino di indipendenza e di autonomia di sé e dell’altra persona. La Scuola di Educazione alla Persona segue questo programma.
L’attività sana di cura non manifesta una vocazione suicidaria o da capro espiatorio ed io non accompagno ginnasti affaticati che si allenano per raggiungere un traguardo. In un cammino di consulenza, la relazione profetica non ha il ritmo sincopato televisivo, ma prevede lo scorrere (ῥυϑμός, ῥέω, rutmos, reo) nel tempo e nel movimento della consapevolezza acquisita.
La consulenza e la profezia coniugano il senso di realtà e la ricerca disciplinata; esse sono uno sguardo e una voce al servizio della comprensione e della crescita. Vedere il prossimo, vedere la situazione, richiede autonomia e governo di sé. Visionaria è la prospettiva che si fa diversa, comprensiva, comunitaria. Avere le traveggole, inventare e vendere vincite e successi o disgrazie e destini tragici rappresenta, invece, l’inganno vero e l’illusione. Per questo, la consulenza profetica presuppone un contratto psicologico ed economico chiaro, onesto e condiviso dalle parti.
In azienda, coltivare la sensibilità di pre-vedere il cambiamento, significa anticipare la cura e attivare la protezione. Con una guida competente, si può identificare il fine ultimo per cui un’azienda esiste e pensare ad una progettualità lunga, sapendo che, durante il percorso, potranno modificarsi numerosi obiettivi. Il télos risponde alla domanda: che senso ha? perché l’azienda esiste? L’obiettivo si pone come l’azione da perseguire: che cosa facciamo?
Nella consulenza aziendale sono desiderabili le visioni e le deduzioni logiche, il favorire il pensiero a lungo termine, l’essere rassicuranti con i/le lavoratori/trici, l’esercizio del dialogo, la pratica dell’argomentare e del problematizzare, le comunicazioni che aprono.
Conclusioni
- L’intesa onesta fra le parti, la visione del lavoro come strumento di liberazione e di felicità e le scelte a favore di una comunità, fatte in modo naturale, possono creare humus prolifico a favore della relazione profetica.
- La professione di consulente aziendale può esprimersi come profezia prendendosi cura della spiccata perspicacia intellettiva ed emotiva degli esseri umani nelle relazioni sane.
- Il cammino studiato accompagna dall’analisi di sé e del proprio copione, alla ricaduta sul gruppo e sull’azienda. Dalla scelta di creare una Comunità di Ricerca, attraverso una noità che consente di prevedere tramite intuizione, cuore e intelligenza. Ci incamminiamo partendo dalla situazione reale e assumendo la cura, come destino ontologico degli esseri viventi. Di qui, solo, si ampliano le espressioni degli ii personali, gruppali, organizzativi.
Ci sono luoghi che facilitano immagini e parole profetiche: è il caso della Stazione Marittima di Salerno, progettata da Zaha Hadid. È qui che il 19 ottobre 2017, per qualche ora, abbiamo esercitato l’arte della riflessione, con le persone presenti e con quelle desiderate e pre-viste che ci raggiungeranno in tempi e in luoghi diversi.
Il reading di Nabil Salameh, in collaborazione con Marthia Carrozzo, è servito a trattenere il fuoco dentro: è parola ed è voce umana e va a scoprire sorgenti d’acqua nelle profondità di ogni persona. Auscultare: come discorso di intimità e di mistero, predispone a divenire strumenti di Profezia.
Sono grata a Enza Chirico per il tempo benedetto dei nostri incontri, per i libri e per i pensieri condivisi.
Riferimenti bibliografici
- Friedrich Dürrenmatt, La morte della Pizia, Adelphi, 1988
- Erika Maderna, Medichesse, La vocazione femminile alla cura, Aboca, 2014
- Luigina Mortari, Aver cura d sé, Bruno Mondadori, 2009
- Luigina Mortari, Filosofia della cura, Raffaello Cortina Ed., 2015
- Letizia Paolozzi, Prenditi cura, et al/ Ed., 2013
- Barbara Hannah, Vita e opere di C.G.Jung, Rusconi Ed., 1980
- Carl Gustav Jung, La Sincronicità, Bollati Boringhieri, 1980
- Esiodo, Teogonia
- Carol S. Pearson, Risvegliare l’eroe dentro di noi, Astrolabio, 1992
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