Credo che con le parole si possa fare l’esperienza di una mutazione spirituale. La letteratura è questo, o non è nulla. Per me non è intrattenimento, non è evasione; io non leggo per distrarmi, ma per concentrarmi. E quando si legge come leggo io, allora davvero la pelle muta, gli organi della percezione si trasformano, la coscienza muore e rinasce. Dalle parole che leggo io mi lascio coinvolgere, assorbire, sono passivo e poi attivo, prima nuoto, poi annego… Tu mi vedi da anni abbarbicato qui come un lichene, ma io leggendo mi avventuro nell’ignoto. Io mi muovo in verticale, mi ritrovo in mondi in cui mi sento un immigrato, un clandestino, un sentatetto. Quando leggo, io non sono io, divento un altro che non conosco, e lascio a questo straniero dentro di me la libertà di esistere. E la stessa cosa mi accade quando provo a scrivere.
Nadia Fusini, p.148-149
Le riflessioni che scelgo di condividere originano da conversazioni e comunioni di conoscenze intercorse saltuariamente. Il piacere dello studio e della osservazione fra la biologa, la consulente in economie, la poeta, la psicologa, il filosofo, l’esperto di marketing, l’imprenditore, ecc.. diventano scrittura ed esperimento di una modalità nuova di stare in relazione. Ci avviamo ad abitare territori ampi e trasversali, partendo dal racconto di noi stesse/i, condividendo letture e desideri, comunicando pensieri in presenza l’uno dell’altra.
Solo un progetto in comune, uno sguardo condiviso lungo e complesso, offre le ragioni per una relazione, ne chiarisce le modalità, fa del tempo trascorso assieme uno spazio di numerose libertà. Registriamo fra noi alleanze che ci consentono di riconoscere i semi fertili di una comunità di ricerca. Inauguriamo indagini e armoniosi incroci che prevedono un moto impertinente e continuo di curiosità, un interesse nell’utilizzo assieme della chiacchiera filosofica e della letteratura come pedagogia.
I gruppi di lavoro vanno a finire male. Ho partecipato ad associazioni, imprese, partiti, parrocchie, scuole: non sono capace di rimanere.
L’idea, oggi, è cambiare la categoria buono/brutto; bene/male riferita ad un gruppo di lavoro a favore della dimensione comunitaria come orientamento del sé, come vissuto interiorizzato ed armonico. Sì da creare l’aerea e fugace, ma logica e determinante, imago dello stormo che si muta e crea un organismo vivo e fecondo.
Di conseguenza, io registro il dato di realtà che l’appartenenza ad un gruppo per me finora non è stata mai duratura. Eppure registro, anche, paradossalmente, che mai un pensiero, una decisione o un’azione da parte mia non abbiano tenuto in considerazione gli altri, vicini o lontani che fossero. Quando penso, immagino, scelgo, decido, non è mai con un io solitario, prescindendo dall’appartenenza, ma con un io che è storia delle relazioni, storia degli altri e delle altre che non nomino, ma che fanno parte della mia vita, pur assenti, in molti casi.
Non scelgo le persone del gruppo: probabilmente se potessi non sceglierei proprio quelle e magari non sceglierei nessuno, ma la mia realtà umana è con quelle persone. Costoro fanno parte della mia vita anche senza la mia consapevolezza o il mio disinteresse o fastidio. Sono fatta dalla carne della mia comunità. Tanto vale esercitarla, la Comunità.
Riferimenti bibliografici:
- M.T.Cassini,A.Castellari, La pratica letteraria, 2007
- Andrea Libero Carbone, Filosofia della chiacchiera, Castelvecchi, 2009
- Francesca Duranti, Manuale di conversazione, Maria Pacini Fazzi ed., 2009
- Paolo Dordoni, Il dialogo socratico, Apogeo, 2009
- Nadia Fusini, La figlia del sole, Mondadori, 2012
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