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Libertà di follia

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Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, Oscar Mondadori, 1963

Mario Tobino è stato medico nei manicomi, poeta e scrittore, ed io recupero questo suo prezioso romanzo, pubblicato nel 1953, grazie alle ricerche di Ina, una giovane collega e archeologa di libri.

La pazzia è davvero una malattia? È una delle misteriose e divine manifestazioni dell’uomo?
La scelta diaristica dell’autore offre al romanzo un valore di testimonianza, una valenza politica. Con una scrittura lirica e popolare, Tobino racconta, con sguardo e parola di carità, la quotidianità delle matte nude e sole, senza che avvertano la solitudine e la nudità. Donne che, a causa della follia, hanno usato l’amore, la mancanza, la solitudine, il corpo, per farsi male, per evitare la felicità dolorosa dei conflitti nella relazione e nel mondo.

È una musica di grida e di lamenti, per confrontarsi con la realtà, per continuare ad amare il lavoro di psichiatra. La follia è una malattia della quale “non si sa l’origine né il meccanismo” e, per poterla dire, bisogna frequentarla e coinvolgersi nelle esperienze che di essa recuperano le ombre da cui origina.

Tobino esprime gratitudine verso la follia e verso quelle matte che, ad una ad una, riconoscendolo, lo riportano al senso della sua professione e che, ancor prima, lo confermano nell’accettazione di un’umanità diversa. Per le persone sane è giunto il momento di fare il loro dovere verso i folli, quindi, di vederli, di capire, di ricordare. Dopo, molto più tardi, arriverà il ’68, noi conosceremo Franco Basaglia e lo psichiatra americano che lo ispirò, Thomas Szasz, conosceremo Bruno Orsini e la legge 180 che ha reso l’Italia l’unico paese al mondo, ancora oggi, che ha scelto l’abolizione del manicomio psichiatrico.

Il manicomio di Magliano è un piccolo mondo antico, tenero, povero e romantico, dove la chiusura è protezione, giacché fuori, nel dopoguerra, c’è ancora la fame, l’ignoranza, la paura, l’ingenuità dinanzi all’oscuro potere. Il racconto della quotidianità sofferente è triste e compassionevole. Il paternalismo che riconosco, l’atteggiamento bonario e benefico, lo sguardo di benevola concessione di Mario Tobino rappresentano un primo passaggio obbligato nella lunga strada che ancora compie la moderna psichiatria.

La malattia mentale esiste. Come la comunità riconosce le persone malate di mente e come se ne prende cura? Ancora oggi, queste scelte, continuano a fare la differenza, in una organizzazione civile. La follia è, in fondo, quello che una società decide di farsene di essa, nelle sue diverse espressioni: opzione di libertà oppure incapacità di produrre, spazio e tempo di creatività o diversità oscura e nemica, bellezza difficile o inutile sopravvivenza.

“La mia vita è qui, nel manicomio di Lucca. Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti, e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del manicomio studio gli uomini e li amo. Qui attendo: gloria e morte. Di qui parto per le vacanze. Qui, fino a questo momento, son ritornato. Ed il mio desiderio di fare di ogni grano di questo territorio un tranquillo, ordinato, universale parlare.” p.14

“Non si vuol considerare che i sentimenti sono il più grande ed emozionante mistero, quelli che ci uniscono per un golfo sotterraneo con qualcosa di divino, con un Dio che non abbiamo mai visto ma sappiamo esistere e ci fa paura. Gli umili di mente con Costui di continuo conversano senza saperlo, e poi come bestie satolle se ne stanno pacifiche a digerire. I poveri di mente seguon le più povere leggi, le elementari e, se le cose si svolgono secondo la regola, stanno tranquilli e ignoti tutta la vita. Quando anche in queste povere leggi li ostacolano, dopo avere a lungo sopportato, manifestano ingenui deliri, a causa dei quali vengon ricoverati al manicomio… I poveri di mente nascono in ogni paese e qui, al manicomio di Lucca, provengono da sperduti cascinali, provengono dai lavori della campagna, dei quali ancora portano sulla pelle l’acuto odore, e negli occhi mantengono la stupefazione perché sia avvenuto così: perché abbiano impedito le loro leggi elementari. Il patrimonio di costoro è esclusivamente composto di sentimenti, che in loro non sono mescolati al peccato ma rappresentati da: amore per loro stessi, amore verso gli altri. I deboli di mente, i fragili di spirito, parlano e vivono come tutti gli altri, soltanto sono incapaci a immaginare e attuare consapevolmente il peccato.”
p.178-79

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