Ph.Fonte Silvia Meo
Preparare il mio pensionamento. Ho superato l’età delle umiliazioni. (p.44)
Dissanguato da un taglio cesareo, l’orizzonte partorisce un giorno che, alla fine, non avrà meritato la sua pena. Io mi tiro giù dal letto, completamente devitalizzato da un sonno a caccia del minimo fruscio. Sono tempi duri: una disgrazia fa presto a capitare. (p.6)
Yasmina Khadra, Morituri, Ed.e/o, 1998
Le osservazioni che propongo prendono forza dalle situazioni quotidiane, dalle letture e dallo studio psicologico. Per le relazioni, questa è un’epoca aspra. Spesso l’atteggiamento concavo, democratico, viene piegato per altri scopi, non tanto cancellato ma deriso, con sarcasmo, viene fatto sentire inutile.
Non è l’utilità della formazione ha essere incompresa, non è una presa di posizione contro di me: rilevo, piuttosto, l’espressione basica della forza distruttiva. In termini medici per scotoma si intende un difetto lacunare del campo visivo correlato ad un’area di ridotta o assente sensibilità della retina. Per analogia, nel linguaggio psicologico, lo scotoma prevede l’eliminazione inconscia dalla percezione e dalla memoria di sé stessi, dell’altro, della situazione. Se non mi vedo, non vedo l’altro, non vedo la realtà.
Lo stress favorisce la generica cattiva predisposizione verso l’esistenza e manifesta la sua forma più diffusa ed evidente nella scotomizzazione. Dunque, la psicologia indica la possibilità di scotomizzare, di non riuscire a registrare il perimetro di un contesto o la presenza di sé o l’esistenza degli altri.
Negli ultimi tempi, noto che non c’è separazione fra le diverse forme di scotoma. Qualcuno può scotomizzare la situazione (es.: la formazione non serve a niente) al fine di svalorizzare gli altri ma, in fondo, buttando giù, disprezzando sé stesso. Non è solo non volersi bene, è non volersi, è negare l’esistenza, avendone perduto il senso. Quando una persona sta male, fisicamente e psichicamente, ha il potere diabolico, divisivo, di portarsi appresso i famigliari, i dipendenti, se dirige un’azienda, il prossimo tutto.
Insomma, per chiunque versi in uno stato di prostrazione, fisica e psichica, precipitando nella futilità, nel non senso, la tendenza è a buttare via tutto, a far marcire ogni cosa, insieme alla propria fine, vera o presunta.
Ci incattiviamo, sviliamo, usiamo frasi sarcastiche, affermiamo che, certo, niente ormai può servire a niente. E finisce davvero così: niente serve più a niente. I finali di copione sono irriducibili, ahimè. Il ricovero nell’atteggiamento maniacale è devastante, per sé stessi e per tutte le persone nel contesto. Muoia Sansone con tutti i filistei, è il comportamento di chi si vendica contro la propria insoddisfazione ed è consapevolmente disposto a rendere tutti vittime, per destino.
Il discorso formativo serve, invece, lì dove viene negato e svilito. Seguendo Yasmina Khadra in Morituri, sì, preparo il mio pensionamento. Ho superato l’età delle umiliazioni. Significa che continuo il lavoro di consulenza e di formazione, di autocoscienza e di condivisione. Avessi altre vite, modificherei tante scelte, tanti incontri, ma non la professione. È intorno allo σκότωμα, all’oscuramento, all’alterazione della coscienza che mi appassiona indagare.
In questo nuovo anno, rileggerò con più rigore i testi di Martha Nussbaum, di Annarosa Buttarelli, di Maria Teresa Romanini. Ho presente sempre le visioni di Luisa Muraro da completare; riprenderò le parole illuminate di Franca Ongaro e di suo marito Franco Basaglia, per approfondire, offrire prospettive diverse sulla follia umana e ipotizzare pratiche quotidiane concilianti, senza cedere sulla giustizia sociale.