luglio '23

Barbie, per sempre!?

 

 

 

 

 

 

 

 

Ph.Antonlla Aresta

Bel film, ben progettato e ben veicolato, un’operazione commerciale ineccepibile ed è stato bellobello rilassarmi in un mare di rosa, con le persone di ogni età sedute in sala, tanto da rimpiangere il foulard rosa che avrei potuto sfoggiare, giusto per sentirmi adeguata, moderna, anzi, contemporanea, almeno al buio, al fresco di un’omologazione serena e meritata; dài, dopo più di sessant’anni a ostacolare fluidità ovvie. Riappacificarmi con la parte rosa di me era la promessa e riappacificarmi con le Barbie di sempre, anime bionde, che forse avevano ragione su tutto e che, invece di contrastare, avrei dovuto imitare. La visione di un film come riscatto, ecco, come la personale operazione di pinkwashing, su di me, riducendo i toni amari, spocchiosi, di idee e di scritture passate: https://www.liziadagostino.it/25-novembre-memoria-patriarcale-di-stato/

“Avete mai pensato di morire?”, esordisce Barbie rivolgendosi alle infinite copie di sé, in un rigurgito greve di perplessità umana. È la frase che divide la visione in due, il prima e il dopo. E, nel clima creato, l’incantesimo finisce in una chiave di lettura daimoniaca e irrimediabile: è la domanda sulla morte a rivelare la vita, a distinguere gli umani fra i viventi? È sentire l’angoscia di morte a fare la differenza fra Real World e Barbie Land? È la spinta segreta del daimon interiore, è la ferita, è la domanda filosofica di senso, a dare sostanza e sapore all’umano?

Mi rendo conto del possibile inganno della “carezza di plastica”, intuisco l’ombra di tanta luminosità e riprendo l’idea che l’appello femminista troppo vincente è perdente. È stancante non poter ricevere nulla senza pormi domande, specie in estate, senza distrarmi dall’allenamento all’analisi, prevedendo un recupero ancora più faticoso.

Nella teoria e nella pratica analitico-transazionale, meglio una carezza di plastica che nessun riconoscimento. Però, “Sei bellissima” può essere una carezza scivolosa, data e ritirata, formale e di circostanza, insomma, un riconoscimento che dice quanto il mittente sia paraculo e il ricevente sia ingenuo. L’autenticità della relazione e l’onestà delle persone comunicanti non sono affatto elementi scontati e fanno la differenza. Nel film queste parole risultano vincenti, includenti e avviano le liberazioni da ogni tipo di bigottismo reiterato.  Fra le persone reali, inconsapevoli, le due battute scambiate: “Sei bellissima”, “Lo so”, possono rappresentare il lancio di un tiro alla fune, di una sfida che porta all’incomunicabilità, non all’intimità relazionale. Nella quotidianità, può essere l’inizio di un gioco psicologico a “Sei bellissima, ma…” oppure, “Bravissima, Interessantissima, peccato, però che non fai come noi e non sei ripiegabile/riducibile/addomesticabile…”

Utilizzo e propongo la visione del film di Greta Gerwig, assieme ad alcune riflessioni basiche. Diremo, in seguito, che la post ondata femminista l’abbiamo vista clamorosamente arrivare. La divisione fra una cultura di massa e una cultura alta ha prodotto elenchi e piramidi impenetrabili e dannose: per tutte/i siano possibili visioni trasversali e differenti. Considero l’impegno di segnalare prospettive plurime come una buona prevenzione dinanzi al rischio della visuale ristretta e monocolore. Ma se in ballo è la conoscenza dei processi patriarcali, non sono certa serva addolcire, alleggerire, sveltire o compiere, appunto, operazioni in rosa che appartengono al maschilismo, anche femminile, coperto di ossequi e di precauzioni. La comprensione e la testimonianza, partendo da sé, non rimandano a intenzioni e a risultati eccitanti e divertenti!

A certi apprendimenti, di qualunque orientamento femminista, arriviamo con il sangue e con le lacrime. Siamo capaci di ironia, ma non abbiamo voglia di allinearci con simpatiche battute e con slogan cool ed elementari. E i Ken purtroppo ci fagocitano e autoproducono, come uròbori tecnologizzati, le mentalità aggressive e rassegnate, un po’ vigliacche, usando le colorate e morbide rappresentazioni di un potere che divora e rigenera se stesso, un potere che appare immobile, ma è in movimento pro domo sua, a favore degli adepti. La giustizia americana, in questi giorni, ha assolto un uomo innocente: è già scattato l’automatismo dell’assoluzione da transitare verso tutti gli altri.

Barbie può essere solo un sintomo, una passata di aspirina senza ipotizzare alcuna diagnosi grave di paranoia come malattia sociale. È complicato riconoscere la violenza, è difficile decidere di denunciare, ingannate dal volto sornione di compiacimento. Ogni Estia chiede di rilassarsi e arriva per sfinimento a desiderare forme di suicidio, pur di non rimanere, pesante e antipatica, a presenziare i crocicchi, le situazioni e le svolte sociali e politiche. Crediamo nel valore dell’aiuto collettivo, nella copresenza vigile dinanzi all’apertura delle porte e nello scambio della guardianìa spirituale, durante i momenti di riposo legittimo.

Attraverso quale bagaglio di studio e di pratiche abbiamo guardato o guarderemo il film? Studiare l’ombra, e sapere che c’è sempre un’ombra, toglie l’innocenza allo sguardo, talvolta, ci rende spaventate, tristi e arrabbiate, ma può evitare cadute in pseudo-femminismi dal sapore capitalistico. Negli ultimi mesi, in un’azienda, mi hanno giudicata sessantottina, io che gli anni ‘70 li ho vissuti anestetizzata! Perché propongo un’analisi della cultura aziendale oltre che psicologica anche politica? Per evitare che i lavoratori e le lavoratrici, in ogni ruolo, rimangano sotto le macerie di regimi personalizzati e coinvolgenti, legali, ma né leciti, né opportuni. Offrire una lettura relazionale politica del contesto organizzativo, in ogni situazione, ci fa ritrovare sbalzati duramente nella realtà e non sollevati in un mondo estraneo pop-femminista, post-consumistico, facile, ludico, leggero, disponibile, attraente, veloce. Un mondo che si  accontenta di modificare le parole e lascia intonsi i copioni maledetti.

Capisco, dunque, come gli interventi formativi siano improponibili, perché lo sguardo psicologico dubita, impegna, pesa, allunga, approfondisce, rompe con i percorsi scontati. È tentativo consolatorio e pacifico rimanere in superficie ed evitare di prevedere come ogni azione decisa può andare a finire, e a scapito di chi. Il ventennio ultimo iniziò con grandi applausi e convinti successi e risate crasse e sdoganamenti. Il pericolo della pressione bassa, non è mostruoso e la rilassatezza tenta come una gommosa colorata. La bassa e placida marea è confortante rispetto alle onde agitate e persecutorie.

Possiamo, certo, spettacolarizzare il femminismo, assumendone la responsabilità e spiegandone le ragioni che non rimandino solo alla convinzione che va tutto bene, purché se ne parli e aumentino gli incassi. Non ritengo ci sia un femminismo obsoleto da dimenticare e abbandonare, piuttosto credo nello studio del femminismo e dei suoi numerosi rivoli di ideazione e di attuazione. Al di là dei venditori di fumo, disposti a sostenere qualunque argomento pur di vendere un prodotto, il marketing, è una professione seria, uccisa dalla dittatura dei numeri che hanno rimpiazzato le visioni e le idee, lontana dal delirio della persuasione occulta e dalla superficialità colpevole. La capacità di generare, di comunicare e di trasferire il valore del film è la via riuscita della regista Greta Gerwig e della sua numerosa equipe di lavoro. Rimane il dubbio dell’effetto lavatrice di cui l’azienda Mattel, produttrice della bambola più famosa al mondo, pare avesse assolutamente bisogno.

La formazione stabile e costante non rimane la cornice entro cui far girare alcune idee: è, invece, la struttura portante di qualunque cambiamento personale e sociale (una volta dicevo lotta) che passa attraverso la propria carne e va riscelta continuamente. Le lotte femministe e i movimenti lgbtq+ prevedono l’istruzione, i saperi condivisi, le intuizioni e la preveggenza. Il rischio è essere opportunisticamente manipolati, stravolti, ridotti a contenitori insipienti. Le trovate furbe si trasformano in un danno, più grave, quanto più inaspettato. Le rivoluzioni, a causa del patriarcato interiorizzato da tutte/i, sono complicate e prevedono secoli di trasformazioni a tappe, a spirali, in cui abbiamo l’impressione di retrocedere; al contrario, ogni fermata ci fa compiere il giro che rilancia la rinascita.

Sul mio tavolo c’è una copertina rosa indispensabile, da studiare, un testo che pare non finisca mai di chiarire le idee, i processi, le pratiche. Segnalo il libro come una guida affidabile e indispensabile:

Lia Cigarini, La politica del desiderio, Orthotes, 1995/2022

Poi vale la visione del film, di qualunque film ben pensato e venduto, e Barbie lo è.

 

 

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