Ph: Fonte Silvia Meo
… una persona che ha ricevuto una vocazione autentica è potenzialmente un cigno nero, perché è unica, irripetibile, non programmabile, né lei né nessuno sa cosa diventerà, nessuno sa quale impatto avrà la sua vita su quella degli altri…
Ogni vocazione è un evento cigno nero – imprevedibile, inattesa, e con un potenziale infinito.
Luigino Bruni, pp.10/11
Presso il mio studio di psicologia, un pensiero condivisibile già nel primo incontro riguarda la singolarità di ogni essere umano, custode di una scatola di colori nascosta e inutilizzata che si svela, in un tempo personale e in un modo originale, attraverso il lavoro di consapevolezza.
La teoria del cigno nero si riferisce agli eventi inaspettati, imprevedibili, rari. In ogni comunità richiama la capacità di registrare l’incertezza come un’opportunità di trasformazione, rompendo le righe, mischiando le carte, perdendoci in percorsi ignoti. Il nero non è il contrario della luce ma il supporto, la premessa, la condizione per tornare a godere delle molteplici sfumature.
Scrive Alain Badiou: Il nero dell’anima non è mai una presenza banale, è sempre una rivelazione… Insomma, il nero diventa il colore dell’animo solo dopo che un qualche brutale incidente ce l’ha rivelato tale. Il bianco, invece, è semplicemente il fantasma dell’ignoranza. Ogni sapere è sapere del nero, e il nero giunge di sorpresa. (p.27)
Ogni persona rappresenta un cigno nero: dinanzi a noi è inaspettata, ingovernabile, mai totalmente catalogabile in una diagnosi definitiva, sorprendente nella possibilità di comprensione di sé e di rinascita. Il cigno nero non nega la luce e non nega i colori, semmai ne avverte la mancanza e desidera lo svelamento, la caduta del velo di difesa. Scegliendo di comprometterci nella relazione, la diversità dell’altro/a rimane come un fastidio, come un difetto, sfuggendo a descrizioni ristrette e approssimative, difendendosi dalla facile omologazione, vanificando le aspettative e la tradizione.
Il nostro apparato visivo dispone di una tavolozza di colori che va dal rosso al viola e ignora l’infrarosso e l’ultravioletto. Diventiamo migliori e capaci di essere concavi/e, accogliendo la storia diversa dell’altro essere umano, il suo copione che, necessariamente confliggendo, incontra il nostro, diverso, nelle luci e nelle ombre, negli aspetti neri e in quelli colorati.
L’altro/a ci interroga, capovolge il programma, rompe lo schema, altera la linea dritta dell’intervento formativo ben preparato. Sempre sperimentiamo l’essere eletti/e e condannati/e alla relazione, avvertendone tutto il fastidio, il peso nella responsabilità e la forte carica di éros che rimette in circolo la curiosità. Attraverso l’altro/a vediamo i vari prismi e arcobaleni, nella totalità mescolata e indifferenziata di tutte le tonalità.
Ché sia benedetta la pratica psicologica e i cigni neri che le si rivolgono, impoveriti, disarmonici e vivi nei molteplici colori svelati.
Sono grata agli studiosi da cui partono le riflessioni e le spinte per approfondire:
- Luigino Bruni, I colori del cigno, Città Nuova Ed., 2020
- Alain Badiou, Lo splendore del nero, Ponte alle Grazie, 2017