demoni o demoni

Dèmoni e demònî

Nella visione cattolica e protestante, nella Chiesa orientale e romana, i demònî sono da temere e da scacciare; essi rappresentano satana, il caos, la tentazione. Come I demònî, (in russo: Бесы, Besy), il romanzo di Dostoevskij in cui si fa riferimento ai diavoli, ai posseduti, agli spiriti maligni e impuri, rappresentati dai personaggi narrati.

Oltre la demonizzazione dei dèmonî, Jung e, in tempi più recenti Hillman, ancora oggi miei compagni di viaggio, parlano dei daimones, gli intermediari fra l’uomo e il divino, come uno strumento di conoscenza di sé. Come il dèmone di Socrate e di Diotima. I daimones sono il «piccolo popolo» junghiano dei complessi. Le immagini personificate delle visioni interiori ci aiutano a trovare la vocazione, l’idea e il senso stesso della vita, la forza della personalità. Anche Eros è un daimon e spinge a conoscerci e ad ascoltarci nella storia interiore, come un orientamento che agita il cuore e spinge a percorrere una via. Sono i significati profondi che ci aiutano a trascendere la nostra vita personale e comunitaria.

La psicologia compie il lavoro di guida, di rilettura, di liberazione nel nucleo profondo, nella «valle del fare anima». La rinascita in autenticità è sempre possibile trasformando il dominio e il ricatto che ogni persona agisce su di sè per prima, in energia di espressione vitale e relazionale. Non possiamo reggere da soli i daimones, possiamo incontrarli con la forza della conoscenza e della condivisione.

Nascere significa accogliere il proprio daimon nella lettura luminosa del talento e delle virtù e nella narrazione buia e infelice che segnala i futuri apprendimenti possibili. Eraclito e, in seguito, Jung dicono che il carattere è il nostro destino: θος νθρώπ δαίμων, ethos anthropoi daimon. Ne sono certa e penso che gli esseri umani non vadano ammaestrati e domati come se fossero sbagliati, rotti, colpevoli. Aggiungo che non abbiamo lati brutti e belli, bianchi e neri, giusti e ingiusti, ma solo aspirazioni e tensioni alleate e inespresse, da capire e liberare. Non possiamo soffocare noi stesse/i per compiacere e per omologarci. Andiamo bene così come siamo. Il cambiamento è riconoscere le originarie inclinazioni e orientarle per il benessere proprio e del prossimo.

E, allora, può essere Natale ogni giorno.

Riporto due passi di opere letterarie. Nel primo brano è raccontata la parte demòne, la voce oscura, da accogliere e perdonarci:

Ed ecco in lui (nel diavolo, intendo) manifestarsi quei tratti caratteristici che, a un occhio attento, lo rendono riconoscibile: tutto nella sua persona pecca di eccesso, il suo riso è sgangherato, il gesto è teatrale, i capelli ravviati all’indietro, piuttosto lunghi e untuosi, sono tinti di nero; le labbra purpuree, affilate, con i lati rivolti all’insù a mimare un sorriso perenne¸ gli incisivi grossi, a forma di scalpello, sono affetti da un vistoso diastema, e la voce, la voce poi, dove sembra celarsi il segreto del suo fascino, è rotonda, impostata, senza asperità, senza picchi, ma basterebbe rallentarne la frequenza con l’ausilio di un nastro magnetico per rilevare un sottofondo di sospiri e lamenti.

Paolo Maurensig, Il diavolo nel cassetto, Einaudi, 2018, p.55

E in questo secondo adorabile brano riconosco, invece, il dèmone, la forza vitale, lo spazio e il tempo della conoscenza:

Voglio impossessarmi dell’è della cosa. Quegli istanti che passano nell’aria che respiro: fuochi d’artificio che esplodono muti nello spazio. Voglio possedere gli atomi del tempo. E voglio catturare il presente che per sua stessa natura mi è interdetto: il presente mi sfugge, l’attimo svanisce, l’attimo sono io sempre nell’adesso. Solo nell’atto dell’amore – nella limpida astrazione siderale di ciò che si sente – si coglie l’incognita dell’istante… e la vita è questo istante irraccontabile, più grande dell’avvenimento in sé… Voglio cogliere il mio è. E canto alleluia all’aria, come fanno gli uccelli. E il mio canto non appartiene a nessuno. Ma non c’è passione sofferta con dolore e amore a cui non segua un alleluia.

Clarice Lispector, Acqua viva, Adelphi, 1973, 2017, pp.9,10

 I miei riferimenti in psicologia:

James Hillman, Le storie che curano, Raffaello Cortina, 1984, 2021

James Hillman, Re-visione della psicologia, Gli Adelphi, 1975, 1983

 

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