Dolorante. Sguardi sulla medicina di genere

 

Caro amico mio, il dolore è narrativo,

pieno di articolazioni e di fantasia

Raffaele La Capria

 

Il dolore è la voce del corpo che non rinuncia, in ogni modo, alla legittima pretesa di essere intero, una unità, con la mente e con l’anima. L’esperienza sensoriale ed emotiva sgradevole rende il dolore espressione di una difesa. Questa difesa è soggettiva. E il corpo si esprime con messaggi sempre più chiari, man mano che diminuisce la resistenza a comprendere e si fa strada la scelta a consegnarmi. Il dolore è sempre assieme fisico, mentale, psicologico e culturale. Se avverto dolore nei tessuti del corpo, automaticamente registrerò la difficoltà a concentrarmi, ad ascoltare e a leggere, a seguire un film, a godere del cibo e del sonno; si abbasserà la mia soglia culturale di tolleranza, di energia vitale, di sguardo lungo. Sono convinta, pro domo mea, che la prevenzione psicologica sia fondamentale, credo all’aspetto interpretativo del dolore fisico, ma se non mi prendo cura direttamente del corpo, non salverò niente, l’ampia prospettiva mentale, la spiritualità, i miei studi. Fin qui, la premessa.

La medicina occidentale moderna tratta differentemente il dolore: la sofferenza di una donna è minimizzata e non curata in modo adeguato. La filosofa Miranda Fricker (City university, New York) parla di deficit di credibilità; insomma, siamo credute poco e male e i pregiudizi sociali abbondano, a proposito dell’irrazionalità e del fattore emozionale. Dinanzi ad una donna, continuo a registrare la tendenza diffusa ad attribuire la causa del dolore alla variabile emotiva. Non esiste un rapporto gerarchico tra dolore fisico e psicologico; il dolore appartiene alla persona intera e la coinvolge tutta. Siamo abituati a indagare e a distinguere la causa primaria fra una patologia fisica o una sofferenza psicologica; la mia ipotesi di indagine è che il dolore preveda contemporaneamente cause fisiche, psicologiche e culturali e tutte le variabili influiscono su come seguo la prevenzione e la cura. I parametri del dolore, però, sono calibrati sul modello maschile. E, dunque, ipotizzo una psicologia della medicina di genere.

È innegabile il mio interesse per la dimensione psicologica del dolore; rifletto sul fatto che, dinanzi a un uomo, indago ugualmente sulla sua stabilità emotiva e sulla relazione con la compagna. Dinanzi a una persona, di qualunque genere, tengo in conto le emozioni quando si tratta della salute e del dolore. Se, assieme, non ipotizziamo alcun percorso formativo possibile, passo la parola alla medicina e alla psicoterapia, senza ipotesi di isteria o di depressione. La sofferenza non sempre soddisfa i criteri del disturbo psicologico o della malattia mentale. Mi esprimo meglio: gli aspetti fisici, psicologici e del contesto c’entrano sempre e c’entrano tutti. Il dolore è sempre “vero”, anche se sono dinanzi a una persona che valuto meno credibile, esagerata, melodrammatica. Valuto sempre partendo dal mio copione psicologico, con i suoi ordini e le sue ingiunzioni.

Ora, il secondo punto di riflessione. Perché sia reale, il dolore non ha per forza una causa organica, ma, troppo spesso, accogliere il dolore delle donne, significa dover dimostrare che non ha origini psicologiche. Condivido le considerazioni di Elizabeth Barnes: “… i risultati di alcuni studi scientifici fanno pensare che le donne soffrano più degli uomini a causa di problemi psicologici. Per esempio, sembrano soffrire di depressione e di ansia più degli uomini. Ma i risultati di queste ricerche vanno letti con occhio critico perché non si capisce fino a che punto questa differenza sia dovuta ai pregiudizi diagnostici, cioè agli strumenti usati per misurare la depressione e l’ansia e ai pregiudizi dei professionisti della salute mentale, che potrebbero aver distorto i risultati attribuendo al fattore psicologico più importanza nelle donne che negli uomini. Ma considerato tutto quello che sappiamo sulla vita delle donne – gli abusi, le violenze, le barriere, il peso del lavoro di cura e accudimento – è plausibile che soffrano maggiormente di depressione e di ansia. Possiamo credere che la sofferenza delle donne sia più spesso mentale senza necessariamente credere che siano emotivamente fragili per natura… Genere, malattia psichiatrica e corpo sono chiaramente collegati tra loro. E più ne sappiamo del dolore, più ci rendiamo conto che è un complesso fenomeno biopsicosociale.” E io aggiungo, anche, politico.

L’autrice parla di doppio vincolo: il doppio vincolo, prodotto da due diversi pregiudizi: “le donne sono isteriche” e “le malattie psichiche non sono reali”. Ed è difficile combattere uno dei due pregiudizi senza involontariamente rafforzare l’altro. Sono d’accordo: “È importante non ignorare che lo stress, la depressione e i traumi influiscono sul dolore delle donne. Ma è altrettanto importante non rafforzare il pregiudizio che i problemi delle donne dipendono dalle loro emozioni. È molto difficile fare entrambe le cose e si possono provocare danni eccedendo in una direzione o nell’altra. Trattare le malattie fisiche delle donne come disturbi psicologici può mettere in pericolo la loro salute e la loro vita così come non tener conto della loro salute mentale può provocare danni”.

Il corpo non è solo il dolore rivelato in superficie, esso è il richiamo di una verità profonda che, attraverso il sentire anche dolorante, andiamo apprendendo. Il corpo femminile si apre diversamente alla comprensione, sente di più, sente, appunto, intuitivamente, dolorosamente.  Nella mia indagine che rimane psicologica, mi conforta il testo chiaro e senza pregiudizi della biologa immunologa pugliese Antonella Viola, Il sesso è (quasi) tutto, pubblicato qualche mese fa da Feltrinelli.

Seguendo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la medicina di genere considera l’influenza delle differenze biologiche definite dal sesso, ma anche le differenze sociali, politiche, economiche e culturali. Le neuroscienze non rilevano differenze significative, inclinazioni, capacità e potenzialità nel funzionamento del cervello maschile e femminile. In uomini e donne, invece, in termini fisiologici sono importanti le dimensioni e le differenze dei polmoni, delle vie respiratorie, del cuore. “Gli ormoni sessuali giocano chiaramente un ruolo importante nelle differenze fisiologiche tra i due sessi: in aggiunta agli organi legati alla riproduzione, i recettori degli ormoni sessuali sono infatti presenti in moltissimi tessuti, tra cui il cuore, il fegato, le ossa, i muscoli, i vasi sanguigni e il sistema immunitario” p.70

Sento e vedo la responsabilità del calo di estrogeni sulle ossa e sui muscoli; considero, certo, quanto sia stata fatale l’intermittenza del movimento fisico, dalla pubertà alla menopausa, dalla bicicletta al bastone, attraverso le gravidanze e gli allattamenti. Ribadisco con convinzione che alle 4 P della medicina – personalizzata, preventiva, predittiva e partecipativa – è bene aggiungere le 4P del cambiamento psicologico. Queste ultime prevedono la comprensione e la pratica quotidiana nel riscoprire la Potenza, l’energia interiore vitale, nel Perdono di sé, facendoci carico della fallibilità umana, nella Protezione rispetto al proprio nucleo di fragilità, nel Permesso a trasformazioni possibili perché reali.

La ricerca continua.

 

Le riflessioni proposte originano dalle letture:

  • La Capria, U. Silva, Al bar, nottetempo, 2015
  • Antonella Viola, Il sesso è (quasi) tutto, Evoluzione, diversità e medicina di genere, Feltrinelli, 2022
  • Articolo di Elizabeth Barnes che insegna filosofia nella Virginia a Charlottesvile. Non ritrovo il N., sono certa che l’articolo è apparso, mesi fa, sul settimanale Internazionale

 

 

 

 

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