Articolo apparso su www.bitontotv.it, maggio 2011
Lidia Ravera, A Stromboli, Laterza, 2010
Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca, Einaudi, 2011
Goliarda Sapienza, L’Università di Rebibbia, Rizzoli, 2006
Nei confronti di certi libri mi coglie una sorta di riserbo, un pudore che si ostina a custodire per molto tempo prima di dire. Decido di scriverne, osando ancora incontri fra donne diverse che solo attraverso le mie esperienze di lettrice si incontrano. E scelgo di non riportare alcun brano perché le parole rimangano, tutte, intatte, quando chi legge le incontrerà.
Sono libri di formazione di base, racconti che accompagnano in quel <turismo del vacuum> che è arte dell’essenziale. Goliarda Speranza, Lidia Ravera, Adriana Zarri raccontano storie che offrono indicazioni metodologiche per itinerari del corpo, dell’animus/a, della mente. Un po’ come una guida dei sentieri di montagna o un manuale del nuoto che non vanno solo letti, ma impongono l’esperire.
Mi rendo conto di quanto, proponendo percorsi formativi nella mia attività lavorativa, sia evidente una resistenza culturale oltre che psicologica, una incapacità di fermarsi, per andare indietro, in profondità, e apprendere a dire <io, con…>. Ci fa bene riproporre il ritorno alla propria isola, cella, eremo, come ritorno all’origine, per ritrovare la misura degli eventi frantumati nella quotidianità frettolosa.
Le autrici ripropongono percorsi di riflessione interiore per diventare soggetti, unici, guariti dall’ossessiva ripetizione dell’uguale. Ripenso ai nessi tra vita, tempo, qualità del lavoro, tra welfare e cura. Costitutivo di ogni cammino di formazione è viversi isola, cella, eremo, guardando il limite, il confine, la realtà per riconoscere, valutare, per avvertire la privazione pungente e consentire che nasca il desiderio. Il rifugio accoglie e lascia andare e, talvolta, si propone come luogo da abitare e che consente di superare l’equivalenza tra vita e attivismo. Diviene indispensabile farsi interpellare dal silenzio e dalla riflessione per ritrovare la sana dimensione della collettività. Anche la cura dell’altro può riproporre una relazione di potere, anche la libertà è posizione adolescenziale di volere e potere fare tutto, specie se si è a casa propria, anche l’autonomia delle scelte può essere deriva di narcisismo. Attendere ciò che emerge spontaneamente dalla cella, dall’isola, dall’eremo, significa lasciare accadere nuove forme, lasciare emergere dal silenzio prospettive impreviste, piuttosto che infilare a forza i pensieri nella bottiglia, nella vecchia mentalità.
Lidia, Adriana, Goliarda, donne che sperimentano, partendo da sé, la libertà che tiene conto delle premesse e delle condizioni da cui scaturisce, libere dall’ossessione di avere, di possedere, di essere, a costi alti, visibili.
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