Ph.: Fonte Silvia Meo
La rispondenza delle parole al contesto e al vissuto non le rende per questo prive di valore veritativo, anzi. La verità soggettiva è più vera di quella oggettiva, perché viene dall’intimo, che è il suo luogo sorgivo, generata da esseri umani in rapporto sensibile con l’universo. E parla nel qui e ora di una situazione qualsiasi riuscendo a farsi udire nel frastuono di questo mondo.
Luisa Muraro, 2015
Ho interesse per gli esseri umani che, in superficie, appaiono sconfitti, da dimenticare, per le vite silenziose e indifese in questo mondo dove l’urlo e la persecuzione sono valutati come forza di carattere o, peggio, come forza femminile. Credo sia possibile guidare la propria crescita come testimoni credibili, partendo da sé, dalla propria storia e condividendo la riflessione con il prossimo, con le persone intorno a noi.
Qualche giorno fa, è morta Licia Rognini, vedova di Pino Pinelli, l’anarchico inspiegabilmente precipitato, la notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, da una finestra della stanza del commissario Luigi Calabresi, nella Questura di Milano, dove era trattenuto per accertamento, a seguito del massacro di Piazza Fontana.
Nel ’69 avevo dieci anni e non ricordo nulla; nel 1982 seguii la riconciliazione istituzionale fra Licia Rognini e Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi. Contro ogni tentata archiviazione, quella pacificazione è diventata un simbolo per facilitare e nutrire la memoria. Verso i quarant’anni, negli anni duemila, lessi, sulla vicenda, Pinelli. Una finestra sulla strage di Camilla Cederna, vidi l’opera teatrale di Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico, e acquistai Una storia soltanto mia, un testo che ancora mi accompagna. Licia Pinelli rimase silenziosa e si autocensurò per una decina d’anni, prima di raccontare la storia vissuta al giornalista Piero Scaramucci che la trascrive con partecipazione onesta.
Ma perché continuo negli anni a interessarmene, come psicologa? Per non smettere di capire, di pensare, di discernere, di indignarmi, appestata come mi sento e sono, sempre di più, nelle dinamiche del dominio che sottomette, silenzia, umilia, delegittima. L’impegno dura tutta la vita, attraverso i momenti di stanchezza e i tempi lenti di rinascita: Creare è resistere. Resistere è creare, ricorda lo scrittore Stéphane Hessel.
E apprendo a non smettere la voce, continuo a distinguere la parola, quando si rivela profonda e potente, potente per energia, a favore della comunità sociale. Me ne occupo ancora perché le versioni ufficiali interessano lo studio della comunicazione, nei metodi e, soprattutto, nelle visioni che trasmettono. Mi appassiono perché, in dispregio di telecamere e di palcoscenici, una donna irriducibile e mite ha offerto la sua testimonianza quotidiana, per 55 anni, continuando a credere ostinatamente nello Stato di diritto, senza concedere nulla al sentimentalismo. L’autorità che esprime la figura di Licia Pinelli è feconda perché si costruisce nella realtà e nella relazione, nel conflitto e nella fiducia.
Apprendo che si può nutrire la coscienza civile attraverso la memoria collettiva e la riflessione sulle vicende considerate, con l’atteggiamento fermo senza che sia eroico, con la parola tranquilla e tenace. Apprendo a proporre visioni e metodologie differenti, riconoscendo e non assecondando le strutture gerarchiche e di dominio. Licia rimane una donna riservata, discreta, una testimone che non sfida, non rivendica, non urla, non svaluta: per tutto il tempo del respiro, mantiene l’orientamento alla verità, sostenendo le proprie ragioni con energia, capendo le ragioni dell’altra persona senza cedere il proprio diritto.
… la questione della giustizia per me è una cosa più ampia. Avere giustizia è che tutti sappiano la verità, scrive Licia. E per le donne, molto spesso, c’è un sovrappiù di ingiustizia e di fatica. Gli abusi, le bugie e gli oltraggi sono nelle figuracce del potere che manifesta tutti i disturbi della comunicazione: la condiscendenza, i modi bruschi, la segretezza, l’evasività.
È questa la scelta politica che trasforma e rivoluziona il sistema mentale che, al contrario, massacra e toglie il respiro. Impariamo da donne doloranti e libere a vivere politicamente la vita, ad acquisire un atteggiamento e un linguaggio di realtà, orientato al rigore e alla fermezza, più che a far la politica sotto lo sguardo del potente di turno che normalizza i comportamenti vessatori, le parole offensive e le mistificazioni. La giustizia è sempre una questione di amore e l’amore è legato alla ricerca della giustizia.
Noi facciamo sempre politica, in ogni momento della giornata, qualsiasi cosa facciamo, perché tutte le nostre scelte hanno un’influenza sulla vita sociale.
Licia Rognini Pinelli
Sai, non è che tu ti rivolti solo per amore. Se ami molto, se è solo amore, rimani schiacciata dal dolore. Reagisci se cercano di calpestarti, umiliarti, renderti zero, reagisci per una questione di giustizia, non reagisci solo per amore.
Licia Rognini Pinelli, 1982
Riferimenti bibliografici
- Licia Pinelli, Piero Scaramucci, Una storia soltanto mia, Milano, Feltrinelli, 2009
- Stéphane Hessel, Indignatevi!, add editore, 2011
- Camilla Cederna, Una finestra sulla strage, Milano, Feltrinelli, 1971