mano mia

Le scritture delle donne

Il tema fondamentale di cui mi occupo come psicologa è la coscienza e la rilettura del copione personale anche attraverso la conoscenza dei miti e degli archetipi. Appaiono temi inattuali e anacronistici rispetto al covid, alla denatalità, all’ambiente e al lavoro.  Ma è l’inattualità che rende fondamentale e duratura l’educazione Alla persona, partendo da sé verso il proprio nucleo di verità. M.T.Romanini, C.G.Jung, J.Hillman, L.Zoja, continuano a essere i miei punti di riferimento. Propongo una psicologia itinerante e militante che, talvolta, per evitare di compiacere il potere, si riduce in clandestinità; una psicologia che facilita l’esercizio politico di una lettura della realtà; una psicologia che insegna a pensare e a scrivere intorno alla morte e al morire, evitando le scorciatoie e evocando i lutti.

Apprendo a raccontare l’esperienza da molteplici prospettive. Promuovo l’idea di un pensiero psicologico che sia necessariamente democratico, consentendo di uscire dai binomi fissi: salute/malattia; vittoria/sconfitta; ragione/torto; gioia/dolore. Fra una parola e l’altra ritroviamo lo spazio e il tempo della forza, delle possibilità e delle scelte. I problemi da risolvere sono le situazioni da capire e che custodiscono le soluzioni. L’abilità e l’allenamento nell’utilizzo delle parole è l’esercizio di coscienza di sé e di rivoluzione di visioni con la ricaduta nel territorio e nella comunità.

Ogni donna ha una storia da raccontare e da testimoniare nella scrittura. Con alcune di loro, da anni vado studiando e nutrendo, anche a distanza, la relazione. Mi piace condividere parzialmente la mia prefazione, nel testo che una compagna di via ha deciso di pubblicare con uno pseudonimo: Ci sono molti modi di uccidere una donna, rubarle l’anima è uno di questi.

“L’autrice di questa storia mi insegna la disponibilità a ricevere e con gratitudine accolgo il suo invito a indicare, come psicologa, una lettura delle vicende confidate. Il lavoro si inserisce nella tradizione diaristica, indugia nella quotidianità e serve a riconoscere i messaggi svalutanti e le angosce di morte. Il linguaggio è semplice perché è semplice la profondità di pensiero, quando si raggiunge, come nel caso dell’autrice. Non si tratta di letteratura e di scrittrice o di narrativa vittimistica. Il diario è prezioso perché è costato tanto e rappresenta una presa in carico di sé e della propria storia. La consapevolezza acquisita facilita l’uso di parole semplici e trasparenti.

Concordo con la possibilità che le osservazioni proposte possano essere strumento di liberazione per altre donne. Sono convinta che se una donna non pensa a proteggersi è perché non c’è un contesto che glielo consenta o che glielo insegni. Parlo di un contesto ampio, sociale e comunitario e non solo familiare. Fra donne, credo nello sviluppo di una consuetudine comunitaria a prendere la parola, a costruire relazioni di intimità.

La violenza domestica, la violenza intima da parte del partner, la violenza sessuale, la violenza di genere sono, nella maggioranza dei casi, questioni di maschi. È inaudito che un uomo simile, con quel linguaggio, quella psicologia, quei modi, quella rozzezza intellettuale, quella meschinità umana, quella idea delle donne, quella sconfinata ignoranza del mondo, quella presunzione smodata, non venga segnalato, riconosciuto in un contesto sociale e non segua incontri di psicoterapia.

… È difficile che io neghi ad un essere umano la possibilità di scegliere, la libertà di espressione, la capacità di intendere e di volere. Ritengo che anche la persona con una diagnosi psicologica grave conservi la capacità di essere responsabile e io riconosco all’altro una responsabilità pur minima, limitata e dolorante. So di intervenire, per un tempo non calcolato, in uno spazio ridotto e con una speranza affievolita. È fondamentale che io coltivi la certezza che ogni essere umano possa riconoscere, a modo suo e considerato lo scenario di riferimento, il senso sano della colpa, che se ne possa far carico e che possa renderne conto al prossimo. Un nucleo, talvolta piccolissimo, di coscienza, lo sento, lo trovo e lo restituisco. Se no, scompare la ragione per esercitare la professione psicologica. Il senso sano della colpa è la responsabilità di aver rotto un patto, di essere venuto meno all’alleanza relazionale, di aver tradito, in primis, la propria natura di esseri umani evoluti perché dotati di capacità di pensiero.

Invece, quando rimango in ascolto delle storie di donne, registro all’inizio l’impossibilità di un senso della colpa, l’impossibilità immediata di assunzione della responsabilità. Quasi tutte, subendo sottomissioni e manipolazioni, tradimenti e abusi, dichiarano di non aver capito, o di aver capito tardi, di aver voluto sperare, di aver creduto all’amore che trasforma e al tempo che guarisce. Insomma, ascolto donne che, in fondo, un po’ onnipotenti, pensano di farcela da sole a combattere il mostro, che ragionano a favore dei figli e delle famiglie di provenienza, che sottovalutano o, innamorate, non si accorgono della gravità irrimediabile dei comportamenti maschili.

In verità, nelle dinamiche familiari a rischio di abuso di qualunque genere, le donne non hanno la forza per opporsi, senza l’aiuto di persone alleate. E io non insisto sulla centralità della donna nell’immagine giovane, innamorata e fragile perché intravedo il rischio di vittimizzare la donna la quale, semmai, vittima, lo è davvero. Chiedo di discutere dell’uomo ammalato di narcisismo e chiedo, a gran voce, che venga svelato, riconosciuto e accompagnato da uno psicologo e/o da un medico. Desidero credere in una comunità sociale in cui l’uomo con disturbi psicologici sia segnalato, anche in un contesto allargato, e sia curato.

… Il maschio «alfa» ha bisogno di cure, a causa del protagonismo, dell’estroversione ostentata, dell’abitudine alla voce grossa, dell’azzardo: l’umiltà, la sobrietà, l’understanding, la comprensione e la prudenza prevedono un lavoro sulla coscienza e sulla conoscenza di sé. Le donne si incamminano assieme proteggendosi, tenendosi d’occhio l’una con l’altra, intervenendo amorevolmente, confidandosi, in relazioni di sorellanza diffusa.”

Passiamo parola, è un libro intenso, di formazione all’autonomia: Ci sono molti modi di uccidere una donna, rubarle l’anima è uno di questi

 

 

 

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