Ripensando… all’ apprendimento

 

 Riflessioni pubblicate su Sinergia Periodico di Cultura d’Impresa, 3, 2007

 

“Comunicare l’un l’altro, scambiarsi informazioni è natura;

 tener conto delle informazioni che ci vengono date è cultura” Goethe

 

 

“Aspettate, fatemi pensare psicologicamente prima di rispondere!”

Attivando percorsi di selezione e formazione del personale nelle aziende, pare che, dichiarata la laurea in psicologia, ci si debba rivolgere a me, per così dire, proponendosi psicologicamente. Credo che in quella frase, al di là del linguaggio popolare e al di là del sorriso rispetto al trattamento che mi si riserva, sia racchiusa l’idea di un apprendimento con il pensiero che distinguo da un apprendimento senza il pensiero. L’apprendere con il  pensiero esprime il sentimento di professionalità, che è diverso dall’autostima. E’ sintonia e benessere condividendo un cammino, è esercizio di umiltà sociale (Camus). La coscienza dell’apprendimento e del pensiero è educazione civica. U.Galimberti nel Dizionario di Psicologia descrive l’apprendimento come un processo psichico che consente una modificazione durevole del comportamento per effetto dell’esperienza. Dunque, sento – penso – agisco: creo, così, storie e relazioni. Apprendo e penso e il pensare è relazione e la relazione è condivisione di tempo, spazio ed energia o non è. Che per  Watzlawick  non si possa non comunicare, mi rende ancora più inquieta, perché, spesso, è scontato comunicare senza pensare. La comunicazione che non produce apprendimento-pensiero-relazione è pratica pericolosa che irrigidisce confini, contorni, zone, schemi, strutture  di ciascuno.

dovevofarloio?nonavevocapito!nonmenesonoaccorto!nessunomelohadetto!

(versione non perdente).

so!hocapito!melavedoio!sonocerto!vabene!assolutamentesì!telospiegoio

(versione non vincente).

Non voglio svolgere attività con chi esegue il compito, con chi garantisce la presenza, magari anche polemica – così sembra anche uno impegnato e vivace – con chi fa il proprio dovere, con chi afferma di aver capito – magari sapeva già – con chi ha ragione perché l’altro ha torto. La fretta della risposta, appunto, per togliersi il pensiero, assume la forma di una presa per i fondelli. Chiedo di esserci davanti all’altro, prima ancora di capire e di esprimere il sapere. Capire e sapere rappresentano un corridoio buio e stretto verso la relazione, ma non sono garanzia di relazione. Si tratta, apposta, di farsi mancare la risposta per arrendersi alla riflessione, per concedersi il tormento delle idee, dinanzi alla presenza dell’altro.

Scelgo di raccontare e ascoltare storie e di condividere strade e non cedo alla tentazione di proporre corsi sulla motivazione del personale, (altra ricerca affannosa, espressione dell’apprendimento senza pensiero), legata quasi sempre ad aumento di denaro, di benefit, di voto, in generale, legata ad una ricompensa.

Apprendere e pensare sono in confidenza con l’immaginazione, il ricordo, il discernimento, il senso, l’intenzionalità dell’azione. Il computer o la lavatrice servono a fare ciò per cui sono progettati, ma niente di più. L’essere umano è coautore, si autoinventa, continua a dare forma a se stesso. L’apprendimento senza pensiero produce il deterioramento del pensiero come nei deliri o nelle idee dominanti, vissute dal soggetto come assolutamente vere per il lato affettivo intimamente connesso.

Condivido con F.Savater l’idea che gli esseri umani sono programmati in quanto <esseri>, ma non in quanto <umani>. Chi apprende e pensa avvia percorsi poco noti, accetta di rischiare idee senza rete, nuovi schemi logici, cioè nonschemi creativi, crea diverse sistemazioni concettuali o aperture epistemologiche, ipotesi, dubbi.

Ritorno a quel pensare psicologicamente, interazione dalla quale scherzosamente si avvia la riflessione proposta, per ribadire la ricerca di un pensare con l’anima, fino all’evoluto heideggeriano pensiero poetante. Capire non è indispensabile quanto esserci. In una relazione la certezza di non aver capito è apprendimento con il pensiero. E’ bello scegliere una soluzione davanti all’emergenza che consenta di  continuare a discutere, di continuare a non sapere con dignità. Apprendere e pensare è attività artistica e obbliga all’apparente follia di abbandonare la lettura dell’elenco telefonico a favore del cammino, della ricerca, della sorpresa,  di una vita intesa non come durata produttiva, ma come intensità ed evento.

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