Ritanna Armeni, Di questo amore non si deve sapere, Ponte alle Grazie, 2015
La storia delle donne nella Storia è giudicata, ancora, inopportuna e stravagante. Sono contenta di vivere questo mio tempo ristretto e curioso in cui, infine, è possibile rileggere i fatti della rivoluzione bolscevica attraverso il libro <Di questo amore non si deve sapere>, primo nella mia classifica di letture, della giornalista Ritanna Armeni che compie, con un impegno appassionato, per tutte, una ricerca puntuale e precisa, anche negli archivi russi, aperti nel 1992.
La vita di Inessa appartiene alla rivoluzione comunista e alla nascita dello Stato Sovietico, come le vite di Alexandra Kollontaj, Clara Zetkin, Rosa Luxemburg: il libro è un dono, un risarcimento a Inessa e a tutte le donne che i testi di storia continuano a mortificare, ignorarandole.
Inessa Armand, autonomamente moglie di un industriale tessile, parla quattro lingue, suona il pianoforte, eredita la libertà dei genitori artisti in un ambiente bohémien, preferisce Dostoevskij a Černyševskij e Tolstoj a Nekrason. E’ colpita “come da una frustata” quando, in Guerra e pace, legge di Nataša riconosciuta samka, femmina, solo dopo il matrimonio.
Nel 1909, nel parigino Café des Manilleurs, Inessa ha 35 anni, sposata e madre di cinque figli, e rimane rapita dai discorsi del quarantenne Vladimir Il’ič Ul’janov che puntano a rovesciare il sistema zarista. Lenin e la compagna Armand decidono di divenire guide l’una dell’altro e, assieme provano a convincere la leadership bolscevica dell’importanza delle donne lavoratrici in Russia. Ma Lenin, un po’ per volta, blocca le ambizioni di Inessa e boccia i testi che scrive sulle agitazioni in Irlanda e sul movimento operaio inglese.
E’ bella, Inessa, anche dopo il carcere e i malanni per la tubercolosi; nella foto indossa la kosovorotka, la camicia russa con i bottoni laterali. Ferma e zitta, sconosciuta e a servizio, indispensabile alla causa e silenziosa: prima ancora che culturale e politica, la quaestio è psicologica. Gli uomini e il loro potere non ce la fanno, le rivoluzioni si servono di capipopolo e guardano come secondarie le relazioni e le condizioni del pensiero femminile. Per Lenin, Inessa è Blonina, pratolina, ma rimarrà a riallineare con maniacale precisione, penne e matite sullo scrittoio.
La protagonista apre una libreria, un giornale, una scuola per i figli dei contadini a El’digino, protegge le prostitute e la comunità d’immigrati russi a Parigi, apre una scuola per le donne e a Bologna tiene corsi sulla questione femminile. La sua rivista Rabotnica (Lavoratrice) esce nella giornata della donna del 1914: il tema riguarda l’amore libero e il reddito autonomo, ma chiude contrastata dagli uomini dello stesso partito.
Lenin e Inessa progettano la prima università marxista a Longjumeaux, vicino Parigi, dove lui tiene conferenze di economia politica sulla questione agraria e sul socialismo, mentre lei continua a coltivare divergenze, anche rispetto alla stessa idea di socialismo, espressione di un potere che non sopporta i dissensi.
La compagna Armand sale nella gerarchia del partito, ma scende negli inferi di una Storia che la cancella per decenni. Nella dedizione e nel suo totale impegno pubblico al fianco di Lenin, soffoca perplessità e conflitti. Nel 1918 diviene la donna più potente di Russia, assumendo la direzione dello Žhenotdel, la commissione femminile del Comitato centrale che, nella Russia dei Soviet, pur avendo potere legislativo, è sottovalutata nella sua funzione dalle stesse donne del partito.
Il socialismo e la rivoluzione sono in opposizione agli affetti e al benessere personale, gli interessi della società e della propria vita coincidono, la vita personale è dedicata e immolata all’Utopia. I compagni disapprovano, guardano con imbarazzo i due amanti, rimangono ostili ai diritti delle donne e diffidenti verso il movimento femminile.
Lenin continuerà a considerare i sentimenti come una debolezza nell’impegno politico e l’adulterio come pratica borghese: “non si possono avere due passioni” scrive a Inessa.
Vladimir Ill’ič, leader dei bolscevichi, capo dell’Urss, per tutta la vita, si ostina a liquidare la sessualità, l’amore, le relazioni affettive, come stupidaggini, divenendo autoritario e offensivo: per lui, la rivoluzione e la ribellione allo zar hanno bisogno di ben altro. Spaventato dal tradimento del fedele Malinovskij che, in realtà, è una spia della polizia segreta della Russia zarista, Lenin ha contro ormai, in breve tempo, tutti i membri delle varie organizzazioni della socialdemocrazia e muore il 1924, quattro anni dopo Inessa.
Stalin, duramente giudicato da Vladimir Ill’ič nel suo testamento, ricatta Nadja Krupskaja, (moglie di Lenin che ha mantenuto con Inessa un atteggiamento cordiale e sereno e, in apparenza, non ha mai mostrato segni di gelosia e competizione) e la sfida a non pubblicarne il contenuto, altrimenti diventerebbe nota la relazione con Inessa: il patto scellerato dura fino al 1956, anno della pubblicazione del testamento.
Una volta, si chiamavano libri di testo: ricomincio da questo, a riscrivere bibliografie possibili per giovani donne e uomini. Le rivoluzioni devono essere terribili e sanguinose? Il cambiamento di visione antropologica deve prevedere la guerra come necessaria? L’apprendimento sociale di una nuova pluralità è sempre lotta di potere?
La politica come educazione sentimentale: Inessa ci insegna che ogni rivoluzione prevede l’arte e l’attività di coltivare relazioni di éros.
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