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Testimoni di risvegli

 

Nei primi anni Ottanta, con la promulgazione della Legge 180, partono i primi esperimenti di reparto aperto. Gli Spdc, i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura sono luoghi imperfetti, fragili, lenti; le comunicazioni verbali e scritte sono circolari e ogni nota si chiude con la dicitura Altro nulla da segnalare. L’umanità ha bisogno di essere protetta dal potere, dal patriarcato, dall’ingiustizia, non ha bisogno di difendersi dalla follia e dai pazzi.

Franco Basaglia e sua moglie Franca Ongaro studiano e si impegnano perché i “matti forte” siano riconosciuti umani. E la natura umana chiede respiri, spazi, dignità e libertà di esistenza, senso di comunità. Il dottor Sorrentino segue il progetto di liberazione promosso da Psichiatria Democratica nell’Ospedale torinese Mauriziano e ne dà conto, alla fine della sua esperienza professionale, aiutato nella scrittura da Francesca Valente, con energia e misericordia. La scrittrice ha meritato all’unanimità il Premio Italo Calvino 2021.

Il mondo che abitiamo prevede che alcuni gruppi di persone siano come fantasmi e che per loro valga un dizionario minimo: il repartino, il rapportino, la domandina sono diminuitivi svalutanti. Ritrovo il linguaggio diminuito anche negli istituti penitenziari in cui il detenuto è deresponsabilizzato e oggettivizzato. La segregazione e la marginalità sociale è uguale dappertutto, nei ghetti agricoli e nei campi rom, nei manicomi e nelle carceri.

Non ci sono simulazioni a beneficio di chi legge; la realtà diviene testimonianza di verità. Purtroppo, sono destinate a fallire le leggi che non prevedono il cambiamento di tutta la visione rispetto alla persona, alla società e al mondo. I reparti aperti, le celle aperte, le interazioni circolari sono come ponti fra i rinnegati e il territorio, fra la comunità dentro e quella fuori. Rifiutiamo la mentalità brutale che genera l’uso di misure e di strumenti violenti, il contenimento, la punizione corporale, la reclusione più feroce. La follia è brutta, è sporca, è cattiva, ma è un’espressione umana e bisogna farne qualcosa di questa parte negletta che appartiene al corpus sociale. Il nemico è dentro e non si fa cancellare.

Così, in una storia recuperata dagli appunti, l’Alberti che sfogava la sua ira sfasciando il comodino, si calmava dopo un colloquio prolungato. L’Autrice non risparmia situazioni, non omette particolari, racconta e racconta di vite miserabili: il vomito e le feci, le urla e l’euforia, la furia e l’abbandono, le bottiglie nascoste nelle braghe e la poesia di chi entra senza insistenza nella morte su una panchina dei giardini.

Oltre i documenti ufficiali, i timbri definitivi, oltre le cartelle cliniche, in questo libro apprezzo gli originali scritti informali, le comunicazioni veloci e i diari di bordo, gli scritti parlati in dialetto: ad ogni lettore/trice giungono le voci, gli odori, i volti, i malesseri. Gli infermieri che scrivono offrono consigli agli psichiatri, ipotizzano trattamenti anche verbali, auspicano comportamenti e mentalità accoglienti. Leggo in un pizzino: Farsi restituire, fosse possibile, le chiavi di casa e dell’auto e mi convinco che la rivoluzione è in quel fosse possibile perché, nella interazione, è previsto che l’altro, in qualche modo, affermi la propria volontà, è previsto che esista, insomma, anche negandosi.

Attraverso le pagine è la follia che, abitandoci come possibilità, ci viene incontro sorniona. Sono storie da ricostruire, vite da riconoscere come dignitose e legittime ponendo al centro la relazione, fondamento e struttura dell’essere umano. Questa scrittura crede che i paz., allo stesso tempo pazzi e pazienti, pure inconsapevolmente, abitando il mondo, rappresentino la spinta e la forza di un pensiero critico. Francesca Valente non li vuole emendare, non li vuole salvare. Partecipiamo ai risvegli, riconosciamo la realtà per quella che è e non per quello che immaginiamo. È la comprensione della realtà che consente il romanzare, un bel romanzare, il migliore negli ultimi mesi di letture.

 

Francesca Valente, Altro nulla da segnalare, Einaudi, 2022

VIII Qui c’era un’umanità che raccontava un’altra umanità, con benevolenza e un sincero sforzo di comprensione. Spesso erano entrambi umanità dolenti.

Occhipinti, insonne, insisteva nell’ordinare champagne: le ho portato in sostituzione dello stesso dell’acqua, ma ha dimostrato, rovesciandomela in testa, di non gradirla. p.3

I certificati elettorali sono nell’armadietto stupefacenti .p. 148

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