Cristallizzazione

Un periodo di Cristallizzazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ph.Fonte Silvia Meo

La Cristallizzazione è l’ottava operazione segnalata da Eric Berne, analista transazionale di riferimento. In questa nuova fase di vita, pienamente nello Sato dell’Io Adulto, dopo l‘Interpretazione che ha definito l’ipotesi di origine copio­nale di certi comportamenti, riconosco nella mappa nuove opzioni e prendo la decisione di cambiare ancora, continuando a darmi nuovi permessi che riguardano il tempo lento e lo spazio differente. Insomma, come Berne scrive, posso usare la rinnovata licenza di pesca.

Vivo sulla carne le contraddizioni studiando e nutrendo le relazioni possibili, simmetriche e dispari. Dico che educare Alla persona, si può. Nei luoghi di lavoro, credo nel Governo Umano delle Risorse ripensando, nell’idea fondamentale e nelle metodologie, la funzione della Gestione Risorse Umane comunemente nominata.

Fondare nuove cittadinanze, si può. Non seguendo la logica buonista e caritatevole che butta l’osso al cane per non pensarci più. Come psicologa intervengo in azienda per svelare e risolvere l’ordine patriarcale che si dà per scontato, voluto dalla natura o da un dio. Non metto a tacere l’indignazione e non ignoro il significato oppositivo del malessere nei confronti di una sottocultura politica ingiusta e vessatoria per tutte le persone.

Considero nocivo il metodo manageriale quando pretende di trasformare le piccole e medie aziende, anche quelle di servizi, e le botteghe artigiane, con la mentalità da multinazionale, con un orientamento basato sul profitto e sulla carriera competitiva e verticale.

L’economia è anche economia della cura, è governo dell’ambiente domestico e aziendale. Intendo il mondo, quindi, come casa, senza dichiarare guerra per ribaltare i rapporti di potere, trasformandoli, invece, in relazione di éros, di energia circolare.

Ho capito di non potere entrare nel gioco psicologico dell’altro e romperlo dal di dentro: rimango invischiata e ferita a morte. Il gioco del vecchio, pur giovane di età, patriarca capitalista, femmina o maschio, è al rialzo, è immorale e illegale; è un gioco che aumenta l’ingiustizia sociale attraverso comunicazioni disoneste e manipolative.

Negli ultimi anni il concetto di intersezionalità si è ampiamente diffuso nel dibattito accademico e politico. La teoria femminista della intersezionalità si basa sul termine coniato dalla studiosa nera Kimberlé Crenshaw nel 1989 e sviluppata negli anni Novanta da Patricia Hill Collins e bell hooks. Esiste una correlazione fra i vari sistemi di privilegio e oppressione fra cui il sessismo, il razzismo, il classismo, l’omofobia e l’abilismo. La prospettiva intersezionale tiene conto delle interconnessioni che ci sono tra i divari sociali e i fenomeni sociali complessi a cui si riferiscono, chiamati in modi diversi: interrelazioni delle oppressioni, divari sociali multipli, determinazione reciproca, ibridazioni, oppressioni multiple, molteplicità.

Qualunque programma di consulenza e di formazione è radicale e coinvolge ogni persona, trasmettendo le visioni di pensiero intorno all’umano, prima ancora delle strutture e delle tecniche aziendali. Non c’è rivoluzione che tenga, sciopero che funzioni, parità che accontenti, quote rosa che coprano le ombre e non c’è merito valutato con le piramidi e le scale gerarchiche. Il riconoscimento di ogni persona in sé stessa non è scontato e niente garantisce la libertà di pensiero o l’ampliamento della riflessione.

Senza modificare il sistema di pensiero, le categorie mentali, le visioni di vita e di mondo, la distribuzione di cariche e di ruoli rivela sempre un gioco di potere iniquo. Promuovo la mobilitazione per pensare e agire nuove modalità di interazione, non solo per essere rintegrata o per vincere una diatriba antica, e mai a rivendicare e a ricattare. L’attività lavorativa non può proporsi come totalizzante e le persone non vogliono rischiare di ritrovarsi inglobate, agglomerate in un sistema per cui vale solo l’interesse del singolo, l’espressione performante, la convenienza privilegiata.

La vita aziendale, per i più rozzi, si manifesta come la famigghia e per i più evoluti è come la rete: in nessun caso è prevista l’idea e lo sviluppo della comunità e della cura.  L’ispirazione imprenditoriale, invece, partecipa alla creazione di una nuova modalità di mondo e di esistenza. L’esperienza lavorativa si evolve in una modalità di introspezione, di ricerca di identità professionale e produce visioni ecologiche e trasversali.

 Chi sono i clienti e le clienti della scuola di educazione Alla persona®?

Le persone ricercano il senso e il valore della vita e della vita lavorativa perché non possiamo interessarci al capitale umano redditizio, solo in relazione a quanto produce e consuma. La visione ecologica, intersezionale è fondamentale. Per gli imprenditori e le imprenditrici che richiedono la consulenza psicologica in azienda, vale ancora di più l’avvio di un ragionamento che coinvolga ogni persona a partire da sé. Cosa significa lavorare, fra diritto e privilegio? Chi sono andato/a diventando in questi anni? Cosa è il successo? Che relazione ho con il guadagno e con il denaro? Chi sono i lavoratori e le lavoratrici dell’azienda e come stanno?

La consulenza non può funzionare come il distributore meccanico di bibite: in emergenza serve e mi si chiede una presentazione scritta, una narrazione per i social, due parole in un convegno, un ascolto veloce per ricucire e rattoppare. In malafede e in mistificazione. Riconosco un circuito paesano di amici degli amici che diviene sistema generale senza possibilità di valutare il profilo professionale e psicologico adeguato ad ogni situazione.

Non tutti possono collaborare con tutti. Se non si è in sintonia su una visione di base, ogni gruppo procede faticosamente e manifestando continuamente incomprensioni. Conoscere molta gente, non significa creare comunità. Meno che mai è possibile condividere una visione lavorativa ampia rimanendo abbarbicati a gruppalità specifiche.

Nel Governo Umano delle Risorse come psicologa di teoria e di militanza, mi occupo di studiare e di curare il maschilismo, sapendo che oggi non è solo una questione di lotta di classe, di capitalismo e neanche solo di politiche femministe. Se mancano le visioni, le letture sintoniche sulle fondamenta di essere umano e di mondo, non litigo e non persuado: ogni persona ha una storia che si esprime attraverso la struttura di mentalità, di modelli e di linguaggi. Per ogni creatura umana, i tempi degli apprendimenti sono diversi. Mi oriento all’attesa interiore: se nella situazione taccio, forse, in qualche tempo futuro, in qualche luogo diverso, ci rincontreremo e potremo riparlarne.

Solo dinanzi al volto dubbioso, tormentato, interrogante, a prescindere dall’età storica, io mi intrattengo, nel ragionamento, tutta intera, con i sentimenti, gradevoli e sgradevoli, e con le riflessioni sempre contrastanti, godendo delle opposizioni ed evitando la frettolosa scelta binaria. Nella relazione di noità, riservo alla fase di interdipendenza, alla intimità, la possibilità di argomentare e di problematizzare. Invece, decido di tacere, di andare o lasciare andare via, per la mia pace interiore e per rispettare i tempi di comprensione e di trasformazione dell’altro/a.

Sì, a questo punto della vita, ritengo di non potere e di non volere essere una psicologa, un’interlocutrice o una collega per chiunque. Rifletto su come proseguire, dopo il primo e il secondo numero dei taccuini scuola di educazione Alla persona, nutrendo la scrittura del terzo volume, La storia guidata di sé.

Continuerò a condividere il percorso.

 

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